Di Marika Demaria, Narcomafie

«Ricalcare l’esempio della commissione Smuraglia? Se la mettessimo al voto, solo cinque, massimo sei consiglieri darebbero voto favorevole». Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale di Milano, è tranchant ma non si sbilancia di fronte alle duecento persone che giovedì sera hanno partecipato al dibattito “Quale commissione antimafia per Milano?” organizzato dalle associazioni Qui Milano Libera, Le Girandole e Stampo Antimafioso. La platea non ci sta, chiede più chiarezza, incredula che una simile risposta possa arrivare a distanza di soli tre mesi dalla festa che animò piazza Duomo, quando i cittadini inneggiavano al vento del cambiamento. «Uno dei punti di forza della nostra giunta è la credibilità: è nel nostro interesse creare una valida commissione antimafia in tempi rapidi. Non nascondo che io ne auspicherei una basata su due livelli: uno formato da consiglieri comunali e l’altro da esperti, ma che si possano interfacciare tra loro».

L’intervento di Basilio Rizzo chiude la carrellata di interventi che hanno animato la Casa della Cultura. Il giornalista e scrittore Mario Portanova, nell’aprire la serata, ha posto l’accento sull’importanza di una commissione comunale antimafia alla luce dei recenti fatti di cronaca – operazione “Il Crimine” del luglio 2010 – che hanno dimostrato come in Lombardia la ‘ndrangheta  non sia «annacquata. Le indagini hanno fatto emergere la presenza di sedici locali a Milano così come dalle intercettazioni si evince una presenza molto forte del sistema; si tratta di un problema politico ma anche economico, considerato che lo ‘ndranghetista fa affari in giacca e cravatta, anche se non disdegna di ricorrere all’uso della pistola con la matricola abrasa che ha nel cruscotto del fuoristrada se le cose non vanno come lui vorrebbe».

Giuseppe Teri, esponente del coordinamento delle scuole milanesi per l’educazione alla legalità e alla cittadinanza, ha sottolineato l’importanza dell’antimafia sociale, il ruolo centrale della cultura, ricordando che «nel mese di luglio proprio questo gruppo di lavoro ha ideato un appello chiedendo che la commissione comunale antimafia non sia composta solo da membri interni della giunta. Il primo firmatario del documento è stato don Luigi Ciotti, presidente di Libera, che ha così esplicitato senza equivoci la posizione dell’associazione (ribadita anche da Nando dalla Chiesa proprio a nome dell’ufficio di presidenza, n.d.a.): mutuare l’esempio della commissione Smuraglia che vantava al suo interno anche una serie di esperti della materia». Il gruppo di lavoro che prese il nome dal suo presidente – Carlo Smuraglia appunto –  era infatti formato da quattro consiglieri comunali e da undici esperti, esterni alla giunta comunale.

Dissente David Gentili, consigliere comunale del Pd, che dichiara apertamente che «la commissione comunale antimafia deve essere composta solo da membri della giunta, perché ci dobbiamo assumere le nostre responsabilità». E azzarda che «la vice presidenza potrebbe essere affidata ad un esponente del PdL».

La conditio sine qua non di una commissione comunale antimafia degna di tale nome deve essere la competenza specifica dei propri membri: difficile immaginare che una commissione non variegata ma composta solo da consiglieri non diventi un’emanazione degli scranni comunali. Una paura che il sociologo Nando dalla Chiesa esplicita asserendo che «non possiamo permettere che le tensioni interne agli schieramenti politici influenzino la verità». Una verità che in alcuni casi potrebbe rivelarsi anche scomoda e che la commissione deve essere in grado di denunciare in maniera cristallina. Su quest’aspetto riflette e fa riflettere dalla Chiesa, che conclude con un affondo durissimo e accorato: «Se la politica  locale  ha difficoltà a parlare dei recenti fatti di cronaca che l’hanno coinvolta nonostante le notizie ci siano, se dal lavoro della commissione interamente consigliare dovesse emergere una collusione tra un politico e la mafia, quale membro di quella commissione avrebbe il coraggio di denunciare quanto scoperto? Le verità scomode emergeranno?».

La serata si è conclusa con un acceso e animato dibattito, sintomo di una cittadinanza che necessita di risposte concrete e che crede ancora in quel vento del cambiamento.

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