premiazione a Monza per l'operazione Infinito (fonte: MBNews)

Processo Infinito: la parola ai testimoni. La deposizione del colonnello Roberto Fabiani, responsabile del Nucleo Investigativo Carabinieri di Monza.
 

Milano, 23 settembre. Nell’aula bunker di piazza Filangieri riprende il maxi-processo alla ‘Ndrangheta. Terminata prima della pausa estiva la fase tecnica si entra ora in medias res con l’ascolto dei testimoni richiesti dal Pubblico Ministero Alessandra Dolci.

Primo teste chiamato a deporre è il colonnello Roberto Fabiani, comandante del Nucleo Investigativo Carabinieri di Monza. Il colonnello Fabiani è responsabile del coordinamento dell’operazione Infinito.

Cinque ore di deposizione durante le quali il teste fornisce informazioni su origini, sviluppo, conclusioni e metodo investigativo della maxi-operazione contro la ‘Ndrangheta lombarda.

Nelle dichiarazioni del teste emergono con forza alcuni elementi fondamentali ai quali si è giunti grazie soprattutto al massiccio uso di intercettazioni (telefoniche-25000 ore- e ambientali -22000 ore). Per tale imponente lavoro di indagine e analisi è stato necessario ripartire i ruoli tra i vari nuclei investigativi e selezionare personale in grado di comprendere o familiarizzare facilmente con il dialetto calabrese.

Struttura dell’organizzazione, identificazione dei singoli soggetti coinvolti, terminologia e vocabolario specifico degli affiliati, importanza delle diverse occasioni di riunione, uso di risorse specifiche quali violenza e intimidazione, individuazione del capitale sociale (rete di relazioni) dei soggetti coinvolti: questi i nuclei tematici intorno ai quali ruota la deposizione del teste.

La scoperta fondamentale riguarda la struttura. Da associazione di tipo federativo la ‘Ndrangheta si ridefinisce progressivamente come organizzazione sempre più di tipo verticistico, con punto di riferimento nell’organismo denominato “Lombardia”. E poi le cosiddette “locali”: in Lombardia le indagini ne individuano undici. Ciascuna locale governa la propria area specifica di competenza territoriale. Il dato interessante, a tal proposito, è che solitamente la singola locale in Lombardia raggruppa individui provenienti dalla stessa area geografica della madrepatria (ciò a dimostrare l’importanza del collante territoriale, garanzia della tenuta e stabilità dell’organizzazione). Monitorando automobili, telefoni cellulari, gps e molto altro si è giunti alla certa identificazione dei soggetti coinvolti. Attribuito un volto e delle generalità a costoro è stato possibile verificare un requisito comune: la stanzialità, ovvero la permanenza sul territorio lombardo stabile e duratura (almeno cinque anni). Dichiara il colonnello: “al momento dell’arresto durante il summit al circolo Falcone e Borsellino fummo già in grado di riconoscere con certezza sei soggetti”.

Il teste spiega come nella relazione finale si sia fatto ampio uso della terminologia ‘ndranghetista specifica adoperata dagli stessi intercettati e fornisce numerosi esempi tra i termini più ricorrenti.

Parole come “Lombardia”, “locale”, “ ‘ndrina ” risultano come già attestati. Le principali novità riguardano le cosiddette “doti” (gradi di rilevanza criminale): oltre ai già noti “Santa” o “Trequartino”, ricorrono diverse volte – e per la prima volta in un’indagine – “Crociata”, “Stella” o “Conte Ugolino”. La rigida suddivisione in gradi è funzionale alla massima segretezza interna: “non si può conoscere l’identità di chi appartiene ad un grado diverso dal proprio, specialmente se di grado superiore”, sottolinea il colonnello. Nell’ottica di una gestione del personale efficace viene comunque assicurata la mobilità interna. Ogni dote è strutturata in un organismo, la “Società”, composto da tre soggetti responsabili di quella specifica dote (capobastone, contabile e mastro generale). Passare da una dote all’altra è possibile, la cerimonia della “copiata” sta proprio in questo: la terna di nomi appartenenti ad un grado superiore si fa garante dell’affiliato per il suo passaggio al grado superiore. E’ con simili rituali che l’organizzazione ha potuto preservare la propria solidità interna ed espandersi a macchia d’olio. Alcune altre espressioni ricorrenti: “fare banco nuovo” (redistribuire le cariche all’interno della locale), “contrasto” (soggetto non appartenente all’organizzazione), “valigetta” (sorta di  cassa comune della locale, utile anche per finanziare il mantenimento dei latitanti), “licenziare” (quello che la ‘ndrangheta ha fatto con Carmelo Novella).

Dalle intercettazioni emerge l’importanza strategica delle occasioni di riunione: i  cosiddetti “summit”, sia a livello di “locale” (partecipano tutti gli affiliati) sia di “Lombardia” (la partecipazione è più ristretta). Ma anche matrimoni e funerali sarebbero occasioni di riunione perfette per garantire la copertura necessaria: gli affiliati si riunirebbero, apparentemente, senz’altro motivo che non sia quello di celebrare lo sposalizio o il lutto.

Durante le indagini sono stati monitorati frequenti atti intimidatori che rivelano come sia fondamentale per l’organizzazione l’uso, potenziale ed effettivo, della violenza. Che siano atti perpetrati da affiliati lo si evincerebbe dalla qualità degli intimiditi, solitamente commercianti o imprenditori, spesso coinvolti nel settore del movimento terra. Non raro è l’uso di armi da fuoco. “Sono state sequestrate armi da sparo, armi da guerra e silenziatori”, afferma il teste. Frequenti, infine, i casi attestati di usura.

Il colonnello Fabiani precisa che le indagini hanno anche rilevato il ruolo cruciale del capitale sociale: una fitta rete di contatti con forze dell’ordine, funzionari della pubblica amministrazione e politici compiacenti. “Sì, sono state monitorate anche alcune cene in occasione di campagne elettorali”, rivela il teste rispondendo ad una precisa domanda del giudice Maria Luisa Balzarotti.

Ma il colonnello Fabiani non è protagonista indiscusso di questa intensa giornata. A rubargli la scena insistentemente è l’avvocato Rallo – difensore di Pino Neri – ormai noto per la propria verve polemica. Protesta, l’avvocato Rallo, accusando più volte il teste di fare delle “valutazioni”, non basandosi su fatti specifici ma su analisi. Spiega il colonnello Fabiani che con l’operazione Infinito “le indagini sono andate molto oltre i singoli fatti specifici”, hanno imposto di adottare nuovi metodi investigativi, rivelando mutamenti complessivi ed evoluzioni all’interno della ‘ndrangheta lombarda. Protesta ancora, l’avvocato Rallo, perché il teste si avvale del supporto di computer e slides, perché “una cosa del genere non è prevista in nessun ordinamento”. Spiega, il teste, che quelle slides sono essenziali, contengono i risultati delle indagini svolte (faldoni di centinaia di pagine) riassunti in schemi, sommari, mappe per semplificare la comprensione. In un crescendo di fervore espositivo Rallo riesce a strappare persino l’applauso degli imputati, subito ammoniti all’ordine dal Tribunale. Ma il suo disappunto è condiviso, tra mormorii sommessi, anche dalle altre difese. Nel trambusto generale si sospende qualche minuto l’udienza per permettere lo spostamento degli imputati nella gabbia di destra cosicché possano assistere alla proiezione delle diapositive. Il teste non si scompone e, nonostante le ripetute interruzioni, procede nella lunga esposizione, come un fiume in piena, pagando qualche imprecisione e momenti di confusione nel rispondere ad alcune domande da parte delle difese. L’avvocato, richiamato pacatamente dal Tribunale, pare essersi rassegnato ad ascoltare la deposizione, salvo poi tornare all’attacco tre ore dopo, nella seconda fase dibattimentale. Ma, stavolta, il giudice Balzarotti alza i toni e impone perentoria all’avvocato la “moderazione nei termini” e il dovuto rispetto “se non alla sottoscritta almeno al Tribunale, in quanto istituzione”.

“Colonnello, vorrei farle qualche altra domanda, ma l’udienza volge al termine”, chiosa così il giudice Balzarotti, chiedendo al colonnello Fabiani di ripresentarsi alla sesta udienza, prevista per il 29 settembre, per rispondere alle domande del Tribunale.

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