Ilaria Ramoni, milanese di nascita e di origine, sguardo tenace e combattivo dietro i suoi occhiali neri. Avvocato esperta in diritto del lavoro e in legislazione antimafia, è referente per Milano e provincia nonché membro dell’ufficio legale nazionale di Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Fa parte anche del Centro di Azione Giuridica (CeAG) di Legambiente Lombardia ed è autrice di svariati articoli e saggi giuridici. L’abbiamo incontrata.

 

Parliamo di Commissione Antimafia a Milano: serve davvero?

La Lombardia, e in particolare Milano, come dimostrato dalle recenti relazioni della DIA e della DNA, si conferma purtroppo la regione del nord Italia che registra il maggiore indice di penetrazione nel sistema economico legale dei sodalizi criminali della ‘Ndrangheta.

La ‘Ndrangheta milanese e lombarda è ormai composta sì da mafiosi ma anche da altri soggetti completamente sconosciuti alla giustizia: decine di imprenditori e professionisti scendono a patti con i clan, si finanziano con capitali sporchi, ripuliscono il denaro, profitto di traffici di droga, si consegnano per la protezione nelle mani dei clan, utilizzano la manovalanza per il recupero crediti con modalità violente e tipicamente mafiose.

Al 31.12.2010 la Lombardia era al quarto posto nazionale per numero di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata e al terzo posto per numero di aziende confiscate e in questa triste classifica Milano si pone addirittura al secondo posto.  A livello regionale, il maggior numero di operazioni sospette proviene da dipendenze di intermediari localizzate in Lombardia.

La relazione annuale del 2010 del SAeT -Servizio Anticorruzione e Trasparenza che fa capo al Dipartimento Funzione Pubblica, ndr- afferma che i reati di corruzione e concussione rilevati risultano verificarsi soprattutto nelle regioni in cui maggiori sono le opportunità criminali come, nell’ordine, in Lombardia, in Campania, in Sicilia, nel Lazio e nella Puglia. Nel Distretto giudiziario di Milano, nel 2010 risulta un forte incremento del numero dei procedimenti penali iscritti per il delitto di cui all’art.416-ter c.p. “scambio elettorale politico-mafioso”.

E come se non bastasse ci troviamo anche davanti ad un dato sconcertante: le organizzazioni criminali in Lombardia e a Milano hanno importato anche l’omertà. Quindi la risposta è sì, la Commissione comunale antimafia a Milano serve davvero anche come segnale di presa di coscienza dopo decenni di negazione e rimozione politica del problema.

Anche per questo, già nel dicembre 2008, come Libera Milano promuovemmo una raccolta di firme tra i cittadini per chiederne l’istituzione.

 

Di quali poteri e  strumenti, secondo Lei, dovrebbe avvalersi per essere davvero efficace nel contrasto alla criminalità organizzata?

I poteri che la Commissione Comunale Antimafia deve avere sono quelli propri di tutte le Commissioni comunali e quindi non possiamo pretendere di assimilarla alla Commissione Parlamentare Antimafia che ha veri e propri poteri di inchiesta, né tantomeno pensare che i consiglieri comunali e/o gli esperti possano sostituirsi al prezioso lavoro che già svolgono le Forze dell’Ordine e la Magistratura.

La Commissione dovrebbe quindi affiancarsi agli altri Organi, anche comunali, e alle tante altre realtà associative e non, che già in città svolgono le medesime attività. Ovviamente, però, con uno sguardo maggiormente attento e vigile a quello che accade nella macchina comunale, negli immobili di proprietà del Comune e nelle aziende partecipate. Insomma prima ancora di “guardare” a quello che accade fuori credo che il vero e concreto segnale di cambiamento che dovrebbe dare questa Commissione, per essere veramente utile e non il duplicato di altro, è proprio quello di avere la capacità e l’umiltà di “guardarsi dentro”. A tal fine credo anche che si debba necessariamente prevedere a che funzionari e dirigenti comunali  obbligatoriamente prestino tutta la loro collaborazione alla Commissione. E soprattutto mi aspetto che la Commissione sia in grado di parlare e di coinvolgere in questo cammino anche chi non la pensa come noi, perché solo parlando anche agli “altri” possiamo provare ad attivare quel processo di cambiamento che può portare ad una vera e propria rivoluzione culturale.

 

Come immagina la Commissione “ideale”? Dovrebbe avere una natura politica oppure tecnica? E in caso di commistione,  che tipo di interazione dovrebbe instaurarsi  tra queste due anime?

Credo siano importanti entrambe le componenti sia per saper leggere i fatti e gli avvenimenti che per provare a trovare le adeguate risposte tecniche. Come cittadina mi aspetto però che la politica faccia finalmente il primo passo. Per troppi anni, soprattutto a Milano, si è lasciato che fosse solo la cosiddetta “società civile” a mantenere alta l’attenzione sulla presenza della criminalità organizzata in città, a sensibilizzare le persone su questo tema e a stare vicina alle vittime dei reati mafiosi. Ciò posto, sarebbe un errore disperdere le preziose conoscenze e le approfondite esperienze che, soprattutto alcuni soggetti e alcune realtà, hanno maturato sino ad ora. Auspico che questa Amministrazione sappia contemperare le diverse esigenze nel modo migliore per la nostra città.

 

Quali voci tecniche vedrebbe bene in commissione? Rappresentanti di associazioni e di realtà sociali, o bisogna puntare più sulle competenze?

Innanzitutto bisogna ricordare che le Commissioni possono prevedere periodiche audizioni in cui vengono invitate e ascoltate le diverse parti sociali, le organizzazioni e le associazioni che sul territorio si occupano di determinate questioni. Ciò posto, come ho già detto, credo che in città ci siano molte e diversificate competenze, anche a prescindere dalla loro appartenenza associativa, che potrebbero essere di determinante aiuto al lavoro della Commissione proprio per l’esperienza e competenza maturata negli anni.

 

L’aspetto più importante che dovrebbe essere affrontato?

Tutti quelli su cui l’Amministrazione possa poi veramente incidere concretamente in prima persona in base alle proprie competenze.

Proporre regole e buone prassi interne, analizzare e modificare i regolamenti delle aziende speciali, comunali o in qualche modo sottoposte alla vigilanza del Comune.

Valorizzare e rendere effettivo il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Attivare collaborazioni reciproche con le Prefetture, gli altri Enti locali, le Parti sociali, la Camera di Commercio e la Commissione Parlamentare Antimafia.

E non da ultimo, data la mia personale esperienza all’interno dell’ufficio legale nazionale di Libera, attivare specifici percorsi che dimostrino concretamente la vicinanza dell’Amministrazione alle numerose vittime della criminalità organizzata presenti anche sul nostro territorio.


 

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