di Nando dalla Chiesa

Dunque Lucia Torre non c’è più. Si è spenta, e mai l’espressione è apparsa appropriata come in questo caso. La signora Lucia era la moglie di Marcello Torre, avvocato e sindaco di Pagani, grosso comune in provincia di Salerno. Gli toccò di guidare la sua città nel periodo peggiore: quello immediatamente successivo al terremoto dell’Irpinia. Il 23 novembre del 1980 la terrà tremò sbriciolando case e riducendo a macerie paesi interi. Partì subito la ricostruzione del post-terremoto. L’idea dei soldi che sarebbero stati spesi. Un boccone ghiotto per i clan di camorra, i cui forzieri si erano rimpinguati negli anni precedenti con i proventi dell’eroina, altro che le sigarette. L’avvocato Torre cercò di far capire che la ricostruzione avrebbe dovuto attenersi alle leggi dello Stato. Così fu ucciso subito, l’11 dicembre, neanche venti giorni dopo la scossa devastatrice. Una logica esemplare: colpirne uno per educarne cento. E i cento, anzi i mille, i diecimila, vennero effettivamente tutti educati. Perché le imprese dei clan, appartenessero a Raffaele Cutolo o ai suoi avversari della “Nuova famiglia”, spadroneggiarono letteralmente seminando il territorio di morti ammazzati. Lucia si trovò sola o quasi in quel clima impazzito. Anche quando cercò di ricordare il marito con un premio letterario dedicato a lui. Invitava da fuori le personalità dell’antimafia, si collegava con le scuole. Al sindaco assassinato venne intitolata l’aula del consiglio comunale, tanti applausi ipocriti. Poi pure una piazza. Ma stavolta era una finzione. Messa la targa in favore di televisione, e suscitata riconoscenza nei parenti, tutto sparì incredibilmente in pochi giorni. Ma di quale piazza sta parlando, le chiesero? L’ultima volta che ci andai, pochissimi anni fa, mi confidò a pranzo le sue amarezze, temperate dalla gioia dei nipotini. Era dicembre, si era appena conclusa una mattinata dedicata alla premiazione dei lavori fatti nelle scuole in onore di Marcello Torre. A me soddisfatto per l’alto numero di scuole che avevano partecipato al concorso fece notare che nessuna di quelle scuole veniva però da Pagani. La città, insomma, a quarant’anni di distanza faceva ancora il vuoto intorno alla memoria del suo sindaco. Morto per difenderla dalla camorra, e dimenticato come un intruso. Mentre me lo spiegava lei mi apparve stanca, delusa, fisicamente sfibrata. E in effetti in pochissimi anni, tra una carezza e l’altra ai nipoti, ha finito per spegnersi. Addio signora Lucia. E grazie per non essersi mai arresa.

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