di Giuseppe Muti

Due strade italiane sono state recentemente intitolate a due vittime innocenti delle mafie. Il 2 maggio a Vairano Patenora (Ce) una via dedicata al gerarca fascista Giuseppe Bottai è stata reintitolata a Giancarlo Siani, grazie anche all’intervento di Pierfarancesco Diliberto (in arte Pif). Il 22 aprile a Milano una piazza della centralissima via della Moscova è stata dedicata a Piersanti Mattarella. Si tratta di due casi interessanti che vale la pena analizzare con uno sguardo più attento.

Con la firma del prefetto di Caserta, a Vairano Patenora si è finalmente compiuta la procedura amministrativa per cambiare via Giuseppe Bottai in via Giancarlo Siani. Una procedura a lungo impantanata nelle maglie della burocrazia e nelle spire del revisionismo storico, che è stata sbloccata dalla convinzione dell’attuale amministrazione e anche dal sostegno mediatico offerto da Pif attraverso Radio Capital (link1). È un evento importante perché ci ricorda che cambiare il nome delle strade non solo è possibile ma, in certi casi, anche doveroso. Attraverso l’odonomastica, infatti, il territorio diventa un mezzo di comunicazione di massa. Denominare una strada è una manifestazione di potere che inscrive nel paesaggio urbano la memoria di personaggi (date o eventi) giudicati meritevoli di onorificenza pubblica. Una pratica di propaganda simbolica che rende esplicita una certa visione del mondo e della storia, inserendola in un gran numero di comunicazioni sociali apparentemente neutre. (ne abbiamo parlato qui link2). Tutto sta nello stabilire quale sia la visione che si ritiene meritevole e quali siano i modelli da prendere in considerazione.

Intitolare una strada a una vittima della mafia significa dare vita a un “luogo della memoria” che eleva la vittima a modello per la società, in grado di offrire riferimenti etici e traguardi concreti: la commemorazione del sacrificio palesa la violenza mafiosa e si contrappone alla sua rimozione (culturale e politica) e alla sua mitizzazione (mediatica). Reintitolare ad una vittima della mafia una strada già dedicata ad un gerarca fascista significa riaffermare due volte gli obiettivi ed i valori di una società democratica nei confronti di sistemi politico-relazionali dispotici, basati sulla violenza e sull’intimidazione.

L’intitolazione di strade alle vittime delle mafie è questione relativamente recente. La reintitolazione delle strade che celebrano il fascismo, il colonialismo e i crimini di guerra italiani, invece, è un tema aperto fin dalla Liberazione. Nonostante il forte valore simbolico, la rimozione dell’odonomastica fascista nel dopoguerra è stata indecisa ed è rimasta incompiuta. Come spiegano i collettivi della Fondazione Wu Ming (Link3), ancora oggi esistono almeno 2500 odonimi in tutta Italia che omaggiano gli oppressori e glorificano l’oppressione. La cosiddetta “guerriglia odonomastica” nasce per questo (Link4). È una pratica di cittadinanza attiva che muove dal basso per cambiare i nomi delle strade, o per aggiungere spiegazioni che ne modificano il senso: un flash mob che trasforma il modo in cui pensiamo (e quindi viviamo) la città.

Il caso di Vairano Patenora è del tutto particolare perché la strada dedicata a Bottai è stata inaugurata nel 1998. Esso ci illustra come l’odonomastica cittadina sia davvero una “arena memoriale” di competizione rispetto alle memorie da ricordare nel paesaggio urbano, e quindi rispetto ai valori rilevanti in una società. A Vairano democrazia e fascismo e mafia e antimafia si confrontano a colpi di simboli e commemorazioni. E nulla deve essere dato per scontato, perché l’antimafia, come l’antifascismo, continua ad essere considerato un argomento divisivo. Basti pensare alle manifestazioni di protesta innescate a Latina pochi anni orsono dalla ridenominazione del parco Arnaldo Mussolini in Parco Falcone e Borsellino.

Anche a Milano l’odonomastica cittadina è un’arena memoriale combattuta, le strade che commemorano il fascismo e il colonialismo sono diverse decine e la guerriglia odonomastica è una pratica simbolica piuttosto diffusa. L’odonomastica antimafia, invece (come abbiamo già scritto qui Link ) non spicca per iniziativa e vigore, ma qualifica l’attenzione delle istituzioni comunali verso la questione criminale: periferica, sporadica e un po’ casuale.

Si prenda ad esempio l’ultimo odonimo della memoria antimafia inaugurato il 22 aprile scorso. Piazza Piersanti Mattarella è stata inaugurata lungo la prestigiosa via della Moscova, proprio davanti alla caserma dei carabinieri. Un’ottima scelta localizzativa, anche perché si tratta del primo odonimo della memoria antimafia ubicato all’interno della circonvallazione, in una posizione centrale e urbanisticamente rilevante. Ma la targa è intitolata a «Piersanti MATTARELLA, Presidente della Regione Sicilia, 1935 – 1980».

Presidente della Regione Sicilia? La toponomastica urbana si inscrive generalmente in una prospettiva prettamente locale, dalla quale si allontana per commemorare simboli nazionali e internazionali. In coerenza con questa prospettiva socio-spaziale Milano non ha mai dedicato (né mai dedicherà) alcunché ad un Presidente della Regione Sicilia. Perché dovrebbe? Come dichiarato nella documentazione e durante la cerimonia di inaugurazione Milano ha dedicato una piazza a Piersanti Mattarella, vittima della violenza mafiosa.

Ma allora perché non scriverlo? Perché non esplicitarlo, accrescendo così il valore simbolico della commemorazione? Forse perché, al di là della retorica, l’antimafia permane un tema divisivo, come purtroppo i valori della democrazia. Ed è proprio in un caso come questo che varrebbe la pensa sperimentare pratiche di cittadinanza attiva e di guerriglia odonomastica per esplicitare pubblicamente perché Milano commemora Piersanti Mattarella, Giorgio Ambrosoli, Carlo Alberto dalla Chiesa e pochi altri. Perché sono vittime della violenza mafiosa.

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