Granollers, 4 agosto 2016

“Les penes privatives de llibertat i les mesures de seguretat restaran orientades vers la reeducació i la reinserció social…” (art. 25.2 ce).

La scritta campeggia alta all’interno del carcere, nella prima sala di accesso, e oggi entriamo nel vivo delle attività con i giovani detenuti.

Faremo principalmente due lavori: l’orto e un giardino urbano costruito con materiale di riciclo.

L’orto lo seguono durante tutto l’anno e i prodotti coltivati vengono venduti dentro e fuori dal carcere. Il giardino urbano verrà costruito dove i ragazzi incontrano i parenti durante le visite: bisogna pensare come renderlo un luogo accogliente.

Prendiamo confidenza pian piano e tra una bottiglia pitturata e l’altra si parla di viaggi, dei nostri paesi d’origine e delle nostre passioni. Qualcuno entra ed esce dall’aula con un’espressione che è un misto tra lo scocciato e l’arrabbiato; qualcun altro invece gira con libri sotto braccio, romanzi o manuali di economia da studiare. I ragazzi sono molto incuriositi, fanno domande e ascoltano storie. Sono stupiti nel vederci lì: “Sei in vacanza? E vieni qui? Perché?”. Perché a volte la routine e la vita lavorativa ti bloccano dove sei, e questa è una boccata d’aria anche per noi – dice la ragazza messicana.

Alle 17 Gemma, educatrice al carcere, ci raggiunge nella struttura dove alloggiamo noi volontari per fare insieme un punto della situazione e condividere idee per attività future.

Facciamo un giro del tavolo e le sensazioni che escono ci accomunano quasi tutti. È uno scambio che arricchisce entrambe le parti ma non mancano alcuni timori. Quanta confidenza possiamo dare? Sono ragazzi come noi, spesso coetanei, non si notano grandi differenze ed è difficile capire dove sta il limite, se esiste.

Approfitto per fare due chiacchiere con Gemma e farmi raccontare qualcosa di più del suo lavoro e delle attività del carcere.

Gemma ci ha accolto a Granollers, lavora nel carcere da 11 anni e di ragazzi ne ha visti tanti.

Come sei arrivata al carcere giovanile di Granollers?

Per caso. Ho studiato educazione sociale e antropologia e poi sono stata chiamata per fare una sostituzione maternità nel carcere per adulti di Granollers. Sei mesi dopo sono passata in quello giovanile, ma non mi sono mai programmata di lavorare in un carcere. Oggi sono felice di essere capitata qui.

Segui noi volontari nelle attività, ti vediamo coordinare i ragazzi detenuti e districarti tra vari impegni, ma di cosa ti occupi nello specifico?

Io sono un’educatrice sociale e questo lavoro prevede due aspetti: uno individuale e uno di gruppo. Per quanto riguarda il lavoro individuale mi occupo dell’accoglienza dei ragazzi che arrivano. In equipe dobbiamo stilare un profilo del detenuto, capire quali sono le sue necessità e se ci sono problematiche come ad esempio il consumo di droga, la violenza o difficoltà relazionali.

Sull’aspetto di gruppo, il lavoro si suddivide nuovamente in due: uno è di intervento specifico su tossicodipendenza, violenza o altre tematiche; l’altro è culturale, di organizzazione del tempo libero e sviluppo di interessi personali.

Come sono organizzati i detenuti, sono divisi in qualche modo?

I ragazzi sono divisi in 4 moduli. I nuovi arrivati vanno tutti nello stesso modulo, gli altri sono suddivisi grossomodo per condotta. Chi si comporta bene è nei primi due moduli, ma se qualcosa va storto ci si mette poco a scendere di modulo, e risalire è molto difficile.

Divisi in questo modo sono ovviamente mescolate culture e religioni. Com’è vissuta la pratica religiosa dai ragazzi?

Ho notato che i latino-americani e gli arabi sono quelli che vivono la fede più intensamente. Non è facile conciliare la vita del carcere con la pratica religiosa ma si cerca di andare incontro alle necessità. Durante il periodo del Ramadan abbiamo fatto in modo che i ragazzi avessero il cibo di cui avevano bisogno negli orari nei quali potevano mangiare ma non possiamo cambiare gli orari delle attività o certe regole fisse del centro.

Ci saranno ragazzi che pensano di essere lì ingiustamente, cosa dici loro?

Dico loro che magari sono stati presi ingiustamente in quella specifica occasione, ma che c’è sicuramente altro per cui avrebbero potuto essere incolpati e che la situazione non era favorevole in generale. A volte semplicemente hanno lasciato che le cose accadessero, pensando di vivere in un mondo ingiusto. Il nostro compito è quello di incoraggiarli a trovare la forza di cambiare, di prendere in mano la loro vita e rendersi conto che hanno il potere per cambiarla. Esiste un mondo diverso da quello in cui hanno vissuto e hanno bisogno di vederlo.

“Vivimos todos en el mismo mundo, pero tambien en mundos diferentes” dice Gemma.

Ciao Gemma e grazie, ci vediamo domani nell’orto, tutti insieme in questo mondo.

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