di Monica Forte

“Prima credevo che allo Stato non gliene importasse niente delle persone, lo Stato era quello che ti portava via da casa e non sapevi se tornavi e quando tornavi… Davanti a me adesso non c’è una sola strada che devo scegliere per forza… ora posso scegliere cosa fare da grande. In questi mesi ho conosciuto uno Stato diverso…Quello Stato che prima era così lontano oggi mi sta dando diverse possibilità. Il lieto fine non è un’illusione, può essere realtà”. Con queste parole Francesco racconta sul Corriere della Sera il suo rientro in Calabria dopo aver concluso il percorso di rieducazione e reinserimento sociale grazie al progetto ‘Liberi di scegliere’.

Parole che mi commuovono per la semplicità e al contempo la forza con cui egli ha colto e racconta il senso profondo della sua esperienza: la possibilità di scegliere per sé un futuro diverso grazie alla vicinanza dello Stato che aiuta e valorizza le potenzialità di un giovane destinato, così pareva, ad una vita criminale.

Oggi tutto questo sta per diventare realtà anche in Lombardia dopo che, lo scorso giugno, il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità, su proposta della Commissione antimafia, a sua volta promotrice di un invito del Coordinamento nazionale delle Commissioni e Osservatori antimafia indirizzato a tutti i Consigli regionali d’Italia, una risoluzione che a partire dal prossimo settembre chiamerà allo stesso tavolo Tribunale per i minorenni, Direzione Distrettuale Antimafia, Direzioni regionali dei Ministeri coinvolti, Conferenza Episcopale regionale, Libera e naturalmente Regione Lombardia. Obiettivo: unire le forze attraverso la sottoscrizione di un Protocollo di intesa per rieducare e reinserire minori e giovani provenienti da contesti di criminalità organizzata attraverso la realizzazione di percorsi personalizzati di sostegno, inclusione sociale, educazione ai valori costituzionali e alla convivenza civile.

Un progetto rivoluzionario perché mette a regime, consolida e rende strutturali interventi a favore dei minori nati in contesti familiari mafiosi verso i quali emerga, in corso di indagine, il rischio di un grave pregiudizio perchè sottoposti ad una vera e propria forma di indottrinamento mafioso che ne pregiudica il futuro, destinandoli così ad una vita criminale. 

Al centro, dunque, il preminente interesse del minore, ma anche la tutela di quelle madri che mettono a rischio la propria vita per dare ai figli una possibilità di scelta. Fondamentale è stata, per il raggiungimento dell’obiettivo, l’interpretazione evolutiva della giurisprudenza del diritto internazionale e nazionale sui diritti dei minori che hanno consentito di equiparare la famiglia mafiosa alla famiglia maltrattante per arrivare a provvedimenti limitativi della potestà genitoriale anche in casi di famiglie mafiose che durano fino alla maggiore età quando i giovani, diventati adulti, decideranno cosa fare della propria vita.

La speranza per tante bambine e bambini di poter avere un futuro diverso, per tante madri che hanno perso la vita per questo e che trovano nello Stato un alleato. La speranza per le Istituzioni che possono, almeno in parte, colmare quella distanza dai cittadini che genera sfiducia, malessere, rabbia, sentimenti che rischiano di fare da incubatrice di condotte criminali. 

Noi abbiamo il dovere di dare un lieto fine a tante storie tristi e contribuire così a crescere giovani donne e giovani uomini con lo stesso senso di riconoscenza verso le Istituzioni che ha maturato Francesco.