celesteIl messaggio è chiaro: la ‘ndrangheta nel Sud Ovest milanese è di casa. E non si tratta di un tentativo d’infiltrazione, di un fulmineo attacco alla classe dirigente dovuto all’improvvisa smania di ricchezza e potere delle cosche.

Dal blitz delle forze dell’ordine svoltosi nella notte fra mercoledì 10 e giovedì 11 ottobre, e dall’ultima indagine della magistratura, la presenza mafiosa è emersa in tutta la sua solidità. L’indagine che ha portato in carcere politici e affaristi dell’hinterland di Milano, fra cui l’assessore regionale Pdl Domenico Zambetti, ha alzato il sipario su di un palco da troppo tempo ignorato o, meglio, sottovalutato. Gli uomini delle cosche calabresi non hanno più la necessità di bussare alle porte delle amministrazioni locali, non devono più chiedere il permesso per partecipare ai consigli comunali presentandosi con il sorriso sul volto e le mazzette in tasca: rappresentano ormai una realtà ben radicata, istituzionalizzata. Perchè sono loro, gli esponenti dei clan di Vibo Valentia, Gioia Tauro e Reggio Calabria, ad aver edificato i palazzi comunali lombardi. Sono loro i padroni di casa. A Magenta, Cuggiono, Santo Stefano Ticino, Bareggio, Cornaredo, Marcallo Con Casone, Sedriano. Gli stessi edifici in cui in questi anni i partiti hanno gestito il bene comune e pianificato la cementificazione del territorio sono stati scenari prediletti dei succulenti banchetti fra insospettabili amministratori locali, imprenditori dai cognomi lombardissimi e i Mancuso, i Morabito, i Barbaro e Papalia. Calice di vino in mano, un brindisi ai cittadini che in campagna elettorale hanno scelto di essere rappresentati dal ‘più onesto di tutti’, il ‘più pulito di tutti’, in cambio di ordine, sicurezza, pulizia delle strade, il nuovo palazzetto dello sport per i bambini, la festa in piazza l’ultima domenica del mese per i nonni. Il tutto all’interno di una fitta rete di complicità innocenti: do ut des dicevano i latini, dare per avere. Niente di più semplice, niente di più ancestrale. Ed è in questo stato di cecità che le famiglie della ‘ndrangheta hanno ridotto i lombardi ad una ‘massa mafiosa’. La criminalità organizzata avanza mentre il Nord si culla nel rassicurante sogno del folclore padano.

Il caso di Sedriano è emblematico.

Il sindaco Alfredo Celeste è stato arrestato per corruzione all’interno della medesima inchiesta che coinvolge politici e malavitosi che, secondo l’accusa, avrebbero favorito l’affermarsi della famiglia ‘ndranghetista ‘Di Grillo-Mancuso’ sul territorio dell’Alto Milanese. Amicizie e favori sembrano legare il primo cittadino accusato di corruzione a faccendieri ed imprenditori dal basso profilo etico sin dalla sua candidatura nel 2009: secondo la magistratura non è un caso che Eugenio Costantino e Silvio Marco Scalambra, entrambi arrestati nel corso della medesima operazione, siano rispettivamente padre e marito della consigliere comunali di maggioranza Teresa Costantino e Silvia Stella Fagnani. Il primo è titolare di un negozio di compravendita dell’oro, settore prediletto del riciclaggio della criminalità organizzata di stampo mafioso, e secondo l’accusa avrebbe stretti legami con le cosche della ‘ndrangheta; il secondo è un chirurgo con studio nei pressi di Pavia e con il pallino dell’edilizia, meglio conosciuto in paese come il ‘faccendiere del sindaco’. “Se c’è di mezzo la ‘ndrangheta perchè nessuno ha denunciato? Io certi nomi non li conosco e non li voglio nemmeno sentire nominare”, commenta il vicesindaco Adelio Pivetta durante le perquisizioni dei Carabinieri negli uffici comunali: fino a pochi giorni prima dell’arresto del suo superiore, giovedì 11 ottobre, dichiarava che i problemi del paese si sarebbero risolti con installazioni di autovelox e messa al bando della prostituzione, gettando scredito su chi faceva invece notare che quattro auto incendiate nel parcheggio del Comune e sei colpi d’arma da fuoco contro un’auto parcheggiata di fronte al bar gestito da imprenditori di slot machine non sono fatti tanto normali. Era stato un cittadino a trovare i bossoli, li ha raccolti e se li è messi in tasca, ed è toccato ai giornalisti avvertire la Polizia Locale. In quel caso l’Amministrazione Comunale cercò di non rendere pubblica questa storia, tappando la bocca alla stampa locale con minacce di denuncia per molestie. Sedriano come Palermo, anche qui a detta del sindaco e del suo vice il problema fino a ieri sembrava essere il traffico. Al centro della bufera giudiziaria il Bennet, nuovo shopping mall inaugurato lo scorso inverno dalla Giunta Celeste: secondo la Procura il sindaco sarebbe intervenuto in favore di Costantino con una serie di raccomandazioni fra cui permessi speciali per l’apertura di un locale-gelateria all’interno del centro commerciale e la gestione dell’appalto per la manutenzione del verde pubblico di Sedriano, oltre che per la piattaforma ecologica e smaltimento rifiuti. Il sindaco inoltre in occasione del Piano d’Intervento Integrato denominato ‘Villa Colombo-Ex Serre’ avrebbe ceduto alle pressioni urbanistiche di Silvio Marco Scalambra, marito della prorompente consigliera Fagnani già al centro dei pettegolezzi sedrianesi per una presunta liaison con il primo cittadino. Influente sui voleri della Giunta, il medico chirurgo sarebbe l’anello che lega Celeste a Costantino, avendo introdotto l’amico imprenditore dell’oro nella politica sedrianese per trarre vantaggio nella gestione delle proprie cooperative a sfondo sociale. Altro che amministrazione comunale inquinata: all’indomani dell’ordinanza di custodia cautelare, le relazioni fra le cosche e il duo Costantino-Scalambra, le consigliere di maggioranza e il sindaco sono talmente chiare che la cittadinanza chiede che il Consiglio Comunale sia sciolto per mafia.

Ma non è la prima volta che Alfredo Celeste salta agli onori della cronaca.

Curioso l’avvenimento che nel maggio 2011 lo vede coinvolto in prima persona nell’organizzazione di un convegno sulla creatività femminile. Come madrina della serata invita Nicole Minetti, indagata nel processo Rubygate per induzione e favoreggiamento della prostituzione. “Vieni anche tu e porta un po’ di gente”, avrebbe chiesto telefonicamente Celeste a Costantino, “ci saranno dei contestatori e dobbiamo essere più di loro”. L’estro artistico della Consigliera Regionale, infatti, non andò a genio a tutti, tanto che un centinaio di cittadini di ogni partito politico e fascia d’età manifestarono in corteo davanti all’auditorium in cui si svolgeva l’evento. In tale circostanza, una suora e una maestra di scuola elementare, entrambe recatesi a Sedriano per protestare contro la Minetti, furono oggetto di percosse verbali e fisiche da parte proprio dello stesso Silvio Marco Scalambra che oggi è in cella: in quell’occasione su richiesta di Celeste obbligò la religiosa a salire sul palco per dare una parvenza religiosa all’evento, intimando l’insegnante ad andarsene. Pochi giorni dopo questo triste atto di prepotenza le due donne scrissero una lettera al Maresciallo dei Carabinieri. La lettera finisce. nelle mani del pacifista Antonio Oldani, esponente della sezione locale dell’Anpi ed ex assessore alla cultura, che informa immediatamente dell’accaduto gli organi di stampa. Venuto a conoscenza della preziosa epistola, testimonianza scritta della prepotenza del sindaco e dei suoi fedelissimi, Celeste chiede al suo amico avvocato, tale Giorgio Bonamassa, di valutare se in quella lettera ci fossero i presupposti di querela. Questo favore – la lettura di un foglio formato A4, ndr – costa alla cittadinanza ben 7.020 euro: “il lavoro ha una sua dignità e in quanto tale deve essere retribuito”, dichiarò nell’ottobre 2011 il sindaco. Questa storia e quest’affermazione furono immediatamente riportate su Altomilanese, settimanale indipendente con sede a Magenta diretto da Ersilio Mattioni. Per aver pubblicato tale articolo cronista e direttore risponderanno in sede legale: minacciati di querela per diffamazione, le lettere in redazione sono arrivate una dopo l’altra anche agli edicolanti del territorio che hanno venduto l’articolo in questione ed affisso la locandina del giornale. Ma del resto Celeste nei tribunali non si trova poi così male. Consigliere ininterrottamente dal 1985 e sindaco per la prima volta nell’88, all’inizio della sua carriera amministrativa sedrianese viene coinvolto in prima persona nel cosiddetto ‘scandalo della delibera falsa’. Oggetto d’indagine da parte della magistratura, negli anni ’80 il pubblico ministero chiese nei suoi confronti una condanna di dieci mesi. Al tempo Celeste fu assolto, non perchè non persistesse la colpa, ma per il ritiro della denuncia da parte dell’accusa. Il tutto venne archiviato, e ad oggi in paese della vicenda giudiziaria rimane solo qualche rancore fra il primo cittadino e suoi ex collaboratori di giunta. Ma al professore Alfredo Celeste, tra i fondatori del Popolo della Libertà, le voci di paese poco importano. Neanche quella, rilasciata da un avversario politico suo coetaneo, che lo dipinge come un mangia donne: “I pregi di Celeste? Di carattere sessuale: volgarmente parlando si è scopato un sacco di donne”. Del resto, ‘Omnia munda mundis’ scrisse San Paolo.

Fra sacro e profano, la ‘ndrangheta ci mangia.

Ex socialista, attuale vicecoordinatore del Pdl provinciale e professore di religione, un appuntamento in Comune con Alfredo Celeste non lascia indifferenti. Sia per l’arredo, fra cui una Madonna alta un metro posizionata di fianco alla scrivania, fra le delibere e la foto di Giorgio Napolitano; sia per il modo di fare accogliente che contraddistingue il primo cittadino di Sedriano. Uomo galante e dotato di grande autostima, Celeste non disdegna una visita nel suo ufficio proprio a nessuno. Purchè quel ‘qualcuno’ non abbia idee politiche a lui contrapposte o gli dia filo da torcere. In tal caso, con una velocità disarmante, il sindaco Celeste si sveste dai panni di cavaliere complimentoso e indossa il volto dell’indifferenza. Di fronte agli avversari attua la tecnica del mutismo e, nei casi più critici, sfodera l’arma segreta: la denuncia per diffamazione. Classe ’53, pugliese, Alfredo Celeste nasce a Fasano, paese di francescani, letterati e giacobini. Paladino della cristianità, nel 2009 inizia il suo mandato dichiarando che non celebrerà alcun matrimonio civile: l’unione fra la coppia, per il primo cittadino, è valida solo davanti a Dio. Per Celeste, laureato in teologia nel 2006 a Lugano, la moralità è cosa seria. Tanto da condurre in prima persona una crociata contro le graziose ‘bocche di rosa’ che sviano tanti mariti della piccola cittadina ad ovest di Milano dai propri obblighi coniugali. E poi quella fissa per la cristianità obbligata: la scorsa primavera impose il ‘menù quaresimale’ ai bambini della scuola materna ed elementare. Niente carne al venerdì fino alla domenica di Pasqua. E intanto lui se la faceva da anni con la ‘ndrangheta.

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