ispiUna sala gremita di gente. Siamo al primo piano di Palazzo Clerici, nell’omonima via al civico 5 a Milano, sede dell’ ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale). Qui martedì 19 Novembre 2013 si è tenuto un incontro dal titolo: “Mafie e narcotraffico: una sfida globale”. L’evento è stato promosso e organizzato dalla rivista italiana di geopolitica Limes in occasione della pubblicazione del numero di Novembre, intitolato “Il circuito delle mafie” e rientra in una serie di eventi, incontri e convegni, che l’Istituto propone per informare e consapevolizzare i cittadini. La presenza è stata numerosa e varia: dai giovani agli anziani, dallo studente al professore universitario, all’impiegato e al pensionato, tutti interessati a conoscere qualcosa di più sul tema del traffico globale di sostanze stupefacenti. Una globalità di traffici che non è solo geografica, “ma anche dei settori colpiti”, cioè sia politico sia economico sia sociale, come afferma la professoressa Antonella Mori, docente dell’università Bocconi di Milano e dello stesso ISPI, nonché moderatrice dell’incontro.

Il primo dei tre ospiti ad intervenire è stato il dottor Fabrizio Maronta della rivista Limes, il quale, dopo aver delineato i contorni semantici del termine mafia, ha inquadrato il problema dell’espansione della criminalità organizzata in Europa e in particolare in Germania, ricordando i due fattori principali che l’hanno favorita: la Globalizzazione e il crollo del sistema sovietico. A questo punto si è passati però al tema cruciale dell’incontro: il narcotraffico. Gli altri due relatori, la dottoressa Lucia Capuzzi (redazione Esteri di Avvenire) e il professor Ricardo Rocha Garcia (Universidad del Rosario de Bogotà), infatti si sono concentrati sul traffico di stupefacenti ed in particolare quello della cocaina proveniente dal Sud America. Il secondo ha raccontato la storia dell’evoluzione della produzione di droga in Colombia. Cominciando dall’iniziale coltivazione di marijuana negli anni ‘70, ritenuta “curiosa e pittoresca” dalla popolazione, è giunto fino ad oggi. Si è soffermato soprattutto sugli anni ’80 e sulla progressiva centralità che hanno avuto la cocaina e i Cartelli colombiani ad essa correlati, che fu al contrario vissuta come un problema dall’opinione pubblica. La dottoressa Capuzzi ha invece toccato la tematica dei rapporti fra i Cartelli della droga messicani e la galassia delle bande jihadiste, che si incontrano nella “rotta” che dal Sud America porta la cocaina in Africa e quindi in Europa. I trafficanti e i gruppi dediti alla “guerra santa” intrecciano legami principalmente nei territori dell’area sub-sahariana del Sahel, dove i confini porosi e “l’assenza dello Stato” permettono di non subire controlli o di superarli facilmente tramite l’uso massiccio della corruzione. Lungo questi canali, oltre a quello della droga, corre anche il commercio illecito di armi, usate per la Jihad in tutto il nord-Africa e il Medioriente. È stato poi sottolineato che all’interno dei gruppi mussulmani c’è stato un forte dibattito sulla legittimità di utilizzare o meno il commercio di sostanze stupefacenti per finanziare la “guerra santa”. Il tutto si è però risolto con una sua perpetuazione, sia per una motivazione pragmatica, sia perché la droga che arriva in Europa compartecipa all’indebolimento della società occidentale.

Dopo questi interventi, l’incontro si è concluso con alcune domande poste dal pubblico, prendendo spunto dalle quali (in particolare da una che chiedeva l’utilità della legalizzazione delle droghe) la professoressa Mori ha invitato a tenere monitorata la situazione dell’Uruguay che sta facendo importantissime aperture in questo senso. Che sia lo spunto per un prossimo incontro?

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