Proseguono a ritmo serrato le udienze per il processo Lea Garofalo. Ieri mattina, durante la seconda udienza del 2012, sono comparsi davanti alla Corte presieduta da Anna Introini cinque testimoni che fino ad oggi non erano ancora stati ascoltati. Il teste più importante, Gaetano Crivaro, che ha un procedimento in corso per favoreggiamento, si è però avvalso della facoltà di non rispondere, cogliendo di sorpresa sia il magistrato Tatangelo che gli avvocati della difesa. La figura di Crivaro, secondo gli inquirenti “Riveste un’importanza fondamentale in quanto risultava aver intrattenuto frequenti rapporti telefonici con soggetti legati a Cosco Carlo quasi esclusivamente in un ridotto lasso temporale collocato proprio a ridosso della scomparsa di Garofalo Lea (dal 24 al 28 novembre 2009)”.

Il primo a rispondere alle domande del pm Marcello Tatangelo è stato Giuseppe Marino, che possiede un magazzino a San Fruttuoso ed è stato interpellato riguardo il prestito delle chiavi del magazzino di Gaetano Crivaro nel novembre 2009 a Carmine Venturino, che in quel magazzino aveva lasciato la sua auto incidentata. Rispetto all’interrogatorio rilasciato ai Carabinieri circa due anni fa, Marino ha sottolineato più volte di non ricordare molti particolari dell’avvenimento, anche perché circa un anno fa è stato in coma per 12 giorni e da allora fatica maggiormente ad utilizzare la memoria. Curiosamente però, l’unico punto che Giuseppe Marino ricorda in maniera nitida è quello legato alla restituzione delle chiavi: ai carabinieri aveva detto di non ricordare se gli avessero restituito le chiavi del magazzino di Crivaro dopo il prestito, mentre oggi si dice assolutamente certo di averle ritirate.

Il consulente tecnico Franco Comini ha confermato che i lavori fatti sull’auto lasciata nel magazzino di San Fruttuoso di Gaetano Crivaro avrebbero richiesto al massimo un’ora di tempo, tempistica in contrasto con  le molte ore trascorse dagli inquisiti Venturino Carmine, Cosco Vito e Curcio Rosario nello stesso magazzino nella notte tra il 24 e il 25 novembre 2009 e nella giornata successiva.

Antonio Garofalo, marito di una parente di Lea Garofalo, è sembrato molto agitato nel rispondere alle domande, cercando di sminuire ogni suo possibile contatto con Lea, fino ad affermare che le parole dette nel verbale dei carabinieri “mi sono state messe in bocca dagli agenti”, cambiando versioni sui suoi incontri con Lea a Fabriano e sulle sue confidenze alla moglie. Nel 2005 Antonio Garofalo ha incontrato casualmente Lea a Fabriano; ha detto di sapere che lei fosse sotto programma di protezione, ma nonostante questo ha affermato di non aver compreso come mai lei si fosse molto spaventata per quell’incontro, fino a piangere per la paura. Antonio ha incontrato Lea una seconda volta, ma ha affermato di non aver mai parlato di questi episodi ai fratelli Cosco, che lui conosce, né a nessun altro. Rispondendo alle domande degli avvocati difensori, Antonio Garofalo ha però cambiato versione, dicendo di aver scoperto solo dopo il secondo incontro che Lea fosse sotto programma di protezione e di aver confidato alla moglie i due incontri avvenuti a Fabriano, perché non si fidava della Garofalo, vedendola agitata.

L’ultimo dei testimoni ascoltati durante la mattinata, Daniele Costanzo, è cugino dei fratelli Cosco ed ha accompagnato tre volte la figlia di Carlo e Lea, Denise Cosco, in carcere dal padre. Costanzo ha detto di aver scoperto sui giornali della scomparsa di Lea Garofalo e su richiesta di Carlo di aver avvisato a scuola che Denise non sarebbe stata presente, perché a Milano con lui, nei giorni successivi il 25 novembre 2009. Dopo che i fratelli Cosco sono stati arrestati, Sergio dal carcere ha chiesto a Costanzo di cercare Denise da Marisa Garofalo, affinché potesse andare a trovare il padre. Denise in quei giorni infatti non era a Petilia Policastro. Secondo il teste, Denise è sempre stata tranquilla quando ha incontrato il padre in carcere, sia prima che dopo i colloqui. L’interrogatorio si è concluso con una nuova conferma, da parte di Costanzo, dei rapporti non buoni che intercorrevano tra Giuseppe e Sergio Cosco.

L’udienza si è conclusa con la richiesta della Corte di disporre l’accompagnamento coattivo del teste Amodio Pasquale, che per la seconda volta non si è presentato all’udienza presentando un certificato di impedimento non ritenuto sufficientemente valido dal collegio giudicante.     Nella prossima udienza, prevista per venerdì 20 gennaio 2012, saranno ascoltati i testi Vona, Caputo e Cappa oltre ai precedenti testimoni mancanti.

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