di Tea Maistro

Il naufragio dei migranti avvenuto a Cutro nella notte tra il 25 e il 26 febbraio ha riacceso l’interesse dell’opinione pubblica e del governo italiano sul tema dell’immigrazione. Più precisamente, l’attenzione è stata riposta sulla figura degli scafisti, accusati di essere colpevoli della tragedia che si è consumata e spesso identificati come trafficanti di esseri umani. Ma chi sono realmente gli scafisti e che rapporti intrattengono con i trafficanti?

Gli scafisti sono coloro che fisicamente guidano le imbarcazioni con le quali molti migranti giungono in Europa e, seppur comunemente si ritiene siano membri delle organizzazioni che trafficano uomini, è bene precisare che nella maggior parte dei casi si tratta di soggetti che non sono riconducibili alla criminalità organizzata dedita al traffico di esseri umani. Gli organizzatori di tali traffici, infatti, non sono mai presenti sui “barconi” che trasportano migranti disperati verso l’Europa ma si trovano sempre nei territori da cui gli stessi partono, motivo per cui è assai più difficile raggiungerli e, soprattutto, processarli. Per quanto riguarda gli scafisti, il rapporto “Dal mare al carcere”, redatto da una serie di organizzazioni che si occupano di migranti quali Arci Porco Rosso, Alarmphone e Border Europe, ne individua quattro tipi:

• il “capitano per necessità”, ovvero colui che guida la nave durante un’emergenza;
• il “capitano forzato”, che viene costretto con la forza dai trafficanti a guidare

l’imbarcazione;
• il “capitano retribuito”, cioè un migrante che viene pagato dai trafficanti per guidare

l’imbarcazione e a cui non viene concesso di raggiungere il continente europeo;
• il “capitano dell’organizzazione, ovvero una persona collusa con i trafficanti che accompagna le imbarcazioni per un certo tratto e poi ritorna verso i Paesi di partenza

per tutelarsi da una possibile cattura.
Fra questi, soltanto l’ultimo tipo vanta saldi rapporti con i trafficanti che organizzano i viaggi in mare mentre gli altri non sembrano strettamente coinvolti in dinamiche criminali, tantoché il rapporto evidenzia che gli scafisti rappresentano “l’ultimo anello di una rete molto più grande, i cui vertici rimangono nell’ombra”. Inoltre, negli anni più recenti, i gruppi criminali che organizzano i traffici hanno iniziato ad affidare la gestione delle imbarcazioni a persone che vengono reclutate all’ultimo momento. In alcuni casi, ad esempio, si tratta di migranti che vengono individuati soltanto poche ore prima dell’inizio del viaggio all’interno dei gruppi di persone che sono radunate in attesa di partire. Questi individui, che non intrattengono rapporti con i trafficanti, vengono obbligati con forza a condurre le navi oppure vengono incentivati a farlo poiché viene permesso loro di viaggiare gratis verso l’Europa.
Eppure, nonostante gli scafisti non possano essere ritenuti i responsabili primi del traffico di esseri umani, negli anni più recenti l’Italia ha concentrato molte risorse sulla repressione e sul contrasto a queste figure perché gli organizzatori materiali del viaggio sono molto più difficili da individuare dato che si trovano nei Paesi di partenza. La stessa Frontex, l’Agenzia di frontiera dell’Ue attiva sulle coste in cui i migranti sbarcano, si occupa di chiedere loro informazioni relative ai trafficanti nel momento del loro arrivo in Italia. Tuttavia, i migranti non possiedono questo tipo di informazioni, motivo per cui la stessa Agenzia ha convogliato le proprie ricerche verso l’individuazione degli scafisti, che vengono così arrestati e processati in numero piuttosto elevato e al posto dei trafficanti. Secondo le stime, nel 2022 in Italia

sarebbero stati arrestati circa 350 presunti scafisti, un dato che si mantiene costante dal 2014. Tra questi, vi sono anche alcuni pescatori a cui le organizzazioni criminali avevano affidato un ruolo da leader nell’imbarcazione in virtù della loro esperienza in mare ma che, tuttavia, non intrattengono alcun tipo di rapporto con i trafficanti.

Queste attività di contrasto messe in capo dai governi nazionali e dall’Unione Europea sembrano essere funzionali a dimostrare un impegno concreto da parte di questi ultimi nella lotta all’immigrazione irregolare, anche in considerazione del fatto che nei Paesi di partenza dei migranti le autorità nazionali ed europee non hanno giurisdizione. Tuttavia, in questo modo si verifica la criminalizzazione di persone che, nella maggior parte dei casi, sono loro stesse vittima del fenomeno che si cerca di punire. Pertanto, oltre ad effettuare la traversata del mare in condizioni pericolose, percependo su di loro la responsabilità di condurre l’imbarcazione, i migranti accusati di essere scafisti non trovano pace al loro arrivo in Italia ma, bensì, si interfacciano con problemi con la giustizia.

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